Geomatica e dissesto idrogeologico
Chi può veramente dire e certificare quanto il dissesto idrogeologico sia “colpa” del territorio antropizzato dall’uomo o di un insolito cambio di clima - assolutamente non previsto poiché in tal caso si potrebbe parlare di disastro colposo per aver ignorato le più semplici regole della natura - è solo la geomatica.
Vorrei ricordare che il significato del termine si allontana dalla classica automazione insita in tutte le parole che finiscono con –matica riferendosi bensì allo studio della forma e misura della superficie terrestre ivi compreso quello che vi è immediatamente sopra (atmosfera) e sotto (cavità). Ovviamente il tutto con sistemi oggi digitali e anche automatici.
Per frenare il dissesto idrogeologico che avanza è necessario evitare di fare qualsiasi ulteriore passo azzardato, come quelli fatti in precedenza per cui si pensava che un condono avesse avuto liceità solo se si fosse cambiata o assestata la normativa.
Prima di tutto è ora necessaria la conoscenza tecnica del territorio visto sotto il particolare aspetto del regime idrico.
Per questo non è necessario fare particolari investimenti, basta sviluppare l’altimetria e raggiungere una coscienza capillare per far si che si abbiano due strumenti di intervento indispensabili: il primo è la carta del rischio degli insediamenti per verificare opere nuove o preesistenti, il secondo è la carta del danno emergente sul territorio.
Individuando (come solo in urgenza avviene) le situazioni critiche ove si debba intervenire o ripristinando artificialmente il naturale deflusso per consentire la permanenza delle opere umane o lasciare che la natura si riappropri del territorio in maniera autonoma come sta ora succedendo e ridefinisca primordialmente margini e confini.
Lo strumento di cui si ha bisogno in questo momento è il derivato di un notevole lavoro di digitalizzazione del terreno che è stato avviato molto tempo fa, la realizzazione cioè del più accurato modello digitale mai realizzato che consenta ad elaboratori di notevole potenza di effettuare tutti quei calcoli di cui abbiamo oggi conoscenza, atti a definire i parametri vitali dei bacini idrografici.
“bacino idrogràfico in geografia fisica, area della superficie terrestre le cui acque meteoriche (provenienti dall'atmosfera) scolano, allo scoperto o nel sottosuolo, verso uno stesso solco di scarico, detto solco d'impluvio (fiume) o un determinato recipiente (lago, inghiottitoio) e in genere, più a valle, uno stesso mare. È delimitato da un'ideale linea spartiacque perimetrale e può essere provvisto di bacini minori dipendenti” (treccani.it)
Esiste una formulazione matematica e una geometria topografica talmente avanzata che sembra impossibile oggi ancora ignorare quanta acqua confluirà in un bacino. Addirittura possiamo calcolare il tempo che una semplice goccia ci mette per andare dal punto più lontano del bacino idrografico alla sua foce naturale, il famoso tempo di corrivazione.
Non solo, conoscendo questi tempi e i volumi disponibili possiamo assolutamente prevedere dove e come si manifesterà un’alluvione ed evitare di stanziare lì qualsiasi attività umana.
E’ stato sottratto il territorio all’acqua utilizzando il suolo dei bacini di esondazione ignorando la permanenza inelaborata dei dati a disposizione che attendono di essere sviluppati in modelli.
I due strumenti di intervento sono adeguati alla norma di prevenzione, considerando le conoscenze matematico-geometriche acquisite e le tecnologie consolidate.
In molti luoghi sono state realizzate e se non sono applicate è solo perché sono ignorate (volutamente o incoscientemente). La geomatica e in particolare la topografia per la realizzazione dei modelli del terreno è la base di tutto ciò che dovrebbe darela precedenza invece che alla finalità di censo alla salvaguardia compendiando la sovrapposizione delle competenze di legittimità territoriale.
(editoriale di Renzo Carlucci)